Poiché l’intervista originale è in Inglese ho pensato di riproporne in Italiano alcuni dei passaggi più significativi e che ci tengo particolarmente a condividere.
Fin da bambino, la fotografia ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita; il merito è di mio padre, che era un fotoamatore (così come mio nonno) e voleva sempre fotografare la nostra vita familiare, le nostre vacanze e i nostri viaggi. Ricordo benissimo che mentre lui scattava con la sua Reflex Olympus io mi divertivo a giocare con la Polaroid a disposizione di tutta la famiglia, la mitica SX-70. Forse è per questo motivo che la fotografia per me non ha mai rappresentato un lavoro ma anzi qualcosa di molto scontato: crescendo ha sempre fatto parte della mia vita quotidiana; per noi era importante perché poteva congelare nel tempo momenti memorabili e irripetibili.
Negli anni ho ricevuto in regalo diverse macchine fotografiche, ma è sempre rimasta solo una passione. Raccontare i miei primi viaggi è stato qualcosa di assolutamente naturale. Tuttavia spostarmi e vedere posti nuovi mi ha spinto ad ampliare il mio punto di vista e il mio occhio ha notato nuovi dettagli, nuovi colori e nuove luci che volevo ricordare.
Uno dei miei primi viaggi importanti fu una vacanza studio in Inghilterra; avevo appena iniziato il liceo e tornai a casa con 400 foto. Oggi sembrano poche, ma all’epoca c’erano ancora i rullini e far sviluppare centinaia di negativi era molto costoso. All’epoca pensavo solo a immortalare le emozioni che provavo durante il viaggio, senza badare alla tecnica: volevo portare a casa tutti quei ricordi, dalla colazione all’inglese alle foto di gruppo con gli amici.
Sono state le prime vacanze in montagna a farmi capire che la fotografia poteva diventare qualcosa di più di una passione; rappresentare la bellezza delle Dolomiti senza vere competenze tecniche si è rivelato più difficile del previsto, e mi è stato chiaro che era arrivato il momento di studiare un po’ di fotografia. Devo ammettere che anche Instagram ha avuto un ruolo importante in questa evoluzione, perché mi ha messo in contatto con altre persone appassionate e creative che hanno alimentato il mio forte interesse a migliorare offrendomi costantemente momenti di confronto e di stimolo.
La prima lezione che ho imparato parlando con i miei colleghi (fotografi, videomaker ma anche scrittori) è che se volete fare fotografie che raccontino una storia ed emozionino, non dovete concentrarvi sulla fotografia. Mi spiego: nelle vostre fotografie riportate tutto ciò che avete visto, letto, studiato e sperimentato, e ogni libro, film, canzone o dipinto che avete incontrato nella vostra vita ha un impatto sul nostro stile fotografico. Ecco perché è fondamentale dedicare molto tempo all’osservazione del lavoro degli altri, sfogliando libri e riviste, studiando le riprese cinematografiche e visitando musei d’arte. Coltivare la propria cultura dell’immagine è fondamentale!
La seconda lezione? Sicuramente che dobbiamo tornare a stampare fotografie! Non lo facciamo quasi più, ma è un passo fondamentale sia per avere ricordi tangibili della propria vita e del proprio lavoro, sia per la propria crescita personale. Stampare le foto ci permette di guardarle con più attenzione, di notare dettagli che spesso non vediamo sugli schermi digitali, e questo ci porta a migliorare.
Terza lezione: per un servizio fotografico all’aperto o un viaggio è giusto prepararsi, fare ricerche, studiare i luoghi e i momenti di luce migliore, ma anche essere pronti a sbagliare. Essere preparati è utile, ma in esterni e in viaggio non bisogna ossessionarsi con obiettivi prefissati, si rischia di perdere i dettagli o le opportunità uniche che ogni singola esperienza ha da offrire. Bisogna sapersi adattare alla storia che si ha davanti.
Un’ultima lezione, che sto ancora imparando, è che non bisogna lasciarsi immobilizzare dalla paura di sbagliare. Uno scatto sbagliato non fa di te un cattivo fotografo, l’esperienza viene dalla pratica e sbagliare durante la pratica è inevitabile, anzi è salutare! Ricordiamo i grandi fotografi per qualche decina di fotografie straordinarie, ma dietro quel piccolo numero di fotografie ci sono probabilmente migliaia di scatti mediocri o falliti, e questo è normale: sbagliare è una parte essenziale del processo creativo.
“[…] devo essere sincero, non amo particolarmente le foto di natura o di paesaggio nel senso più specifico del termine. Spesso scatto immagini di questo tipo, ma preferisco mostrare la montagna come un luogo da vivere. Per questo motivo, durante le escursioni in alta quota cerco di realizzare soprattutto immagini di reportage piuttosto che semplici fotografie di paesaggio. Per farlo, cerco inquadrature insolite, inserendo elementi fuori fuoco che diano profondità all’immagine e facciano sentire lo spettatore immerso in quel contesto. Naturalmente, per perseguire il mio obiettivo, quando è possibile, è ancora più importante riuscire a includere nell’immagine una o più persone che siano immerse nel luogo, che vivono la natura e ne assaporino la bellezza.
Possiamo fare del nostro meglio per i lavori che consegniamo ai nostri clienti o mentre scattiamo fotografie per progetti personali, tuttavia, molto spesso, le immagini che ricordiamo e amiamo di più sono legate a esperienze in cui ci siamo sentiti profondamente toccati.
“Nel tempo, mi sono reso conto dello straordinario potere della fotografia nell’avvicinare le persone a una narrazione etica e a una relazione con gli ambienti naturali e questo è ciò che cerco di realizzare adesso. La fotografia può e deve essere un supporto fondamentale per valorizzare i territori e raccontare l’ecoturismo come nuovo modo di viaggiare e soprattutto di fare esperienze all’interno degli habitat naturali.
Tralasciando gli aspetti più tecnici (luce, colori e composizione) credo che ciò che rende grande una foto sia soprattutto la sua capacità di comunicare qualcosa al maggior numero di persone possibile. Le grandi immagini sono quelle che riescono a suscitare emozioni (positive o negative) in molte persone diverse per nazionalità, interessi, età, sesso e così via; le emozioni sono universali e saperle accendere è il compito della grande fotografia. Per questo sostengo che la fotografia può fare la differenza nella conservazione ambientale; se usata consapevolmente e creando un dialogo universale basato sulle emozioni, può avvicinare le persone alla natura e motivarle nel profondo a contribuire alla sua protezione.
[…] Dal punto di vista professionale, una delle esperienze più importanti è stato il racconto fotografico dell’area toscana del Casentino e del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, realizzato per il portale turistico ufficiale Visit Tuscany. È stato un lavoro bellissimo ma complicato; realizzare immagini in luoghi così lontani mi ha insegnato a migliorare l’organizzazione e la pianificazione delle riprese per ottimizzare i tempi di produzione e le spese di viaggio.
Ma uno dei progetti più recenti che mi ha lasciato qualcosa di speciale dal punto di vista della crescita personale è stato il servizio fotografico per l’ente turistico di Madonna di Campiglio, sulle Dolomiti, per raccontare il loro straordinario territorio durante l’autunno e mostrarne la magnificenza anche al di fuori della stagione più frequentata dal turismo. I territori montani sono spesso piccoli e non è mai facile riuscire a fornire servizi eccellenti quando i visitatori sono troppi, per questo è fondamentale far conoscere anche stagioni e periodi dell’anno diversi da quelli più frequentati per favorire un turismo più regolare e distribuito durante tutto l’anno.
[…] Mi piacerebbe poter fare molto di più per le persone in termini di conservazione e aiutare gli individui a migliorare il loro legame con la natura. Tra dieci anni, mi piacerebbe guardare indietro e aver realizzato un libro fotografico dedicato alle montagne e al legame tra l’uomo e la natura. Questo sarebbe uno dei miei più grandi successi. E anche se l’industria editoriale sta attraversando un momento storico difficile, mi piacerebbe poter collaborare con riviste e testate giornalistiche per produrre reportage incentrati sulla sensibilizzazione alla conservazione degli ambienti naturali.
[…] Inoltre, guardando al futuro, sono consapevole che il mondo della fotografia sta cambiando radicalmente. I social media stanno portando a una totale sovrapposizione tra fotografia e videografia, causando confusione tra queste figure professionali che sono, di fatto, molto diverse. Vedremo come questo cambierà il settore nei prossimi anni. A tutto ciò si aggiunge il rapido diffondersi dell’intelligenza artificiale, che sta modificando radicalmente il modo di approcciare e concepire la creatività e le competenze tecniche, soprattutto nella fase di post-produzione.
Credo che ognuno debba trovare il proprio modo di affrontare i cambiamenti e quale sia l’obiettivo finale del proprio lavoro. Anche se i fotografi hanno obiettivi simili, questi possono essere affrontati e raggiunti in molti modi diversi e questo fa sì che ci sia molto da imparare, esplorare e creare, senza chiudersi ciecamente alle innovazioni tecnologiche e dei linguaggi visivi.
Se vuoi leggere tutta l’intervista ti lascio il link qui.
“Amo i cani e la montagna, odio la cannella, ma per il resto sono piuttosto normale.”